Cos’è il maternal bias e come combatterlo in ufficio

Cos’è il maternal bias e come combatterlo in ufficio

Cos’è il maternal bias e come combatterlo in ufficio. Ero indecisa se parlarne in occasione della festa dei lavoratori o in occasione della festa della mamma. Ho optato per la seconda opzione. Perchè vorremmo vedere meno cioccolatini, meno frasette patinate, meno fiori (no, i fiori sono ok, scherzavo) e più riflessioni su un tema che sta a cuore a molte donne: conciliare lavoro e maternità.

Conciliare non vuol dire sopravvivere, ma trovare un buon equilibrio fatto anche di soddisfazioni e meritocrazia sul lavoro. Invece sappiamo che per molte donne e madri le cose non vanno benissimo: una precarietà precipitata ulteriormente in questo ultimo anno di pandemia. I dati parlano chiaro. 96 mila posti di lavoro persi dalle mamme nell’ultimo anno, (90.000 erano già impiegate part time). In 4 casi su 5, donne con bambini tra gli 0 e i 4 anni (Rapporto di Save The Children).

Partiamo dalla definizione: maternal bias, ossia il pregiudizio che molte donne siano meno competenti e interessate alla loro carriera, specialmente dopo l’arrivo dei figli. Secondo i dati di Lean In, questo fa si che in media una madre non riceva occasioni di crescita o posizioni sfidanti perchè ritenute non compatibili con la sua “situazione”. Così come progetti che prevedono qualche viaggio di lavoro. Senza nemmeno chiedere alla diretta interessata. Non solo, proprio per questa idea che una madre sia meno coinvolta sul lavoro, le si perdonano meno facilmente errori e sviste.

Nei CV dove compare la scritta “coordinatrice attività scuola-famiglia” ci sono il 79% di probabilità in più di non essere assunta, il 50% in meno di ottenere promozioni e in genere offerte salariali stimate sugli 11.000$ in meno. Importante sottolineare che questo genere di bias non è esclusiva maschile, tutti possono caderci, anche noi femmine. Non solo: si comincia a guardare una donna con occhi diversi da quando si fidanza. Quindi il maternal bias impatta sulle donne da molto prima che diventino madri.

Orbene, possiamo dire che essendo femminile la metà della popolazione questo bias è IL PROBLEMA principale nella società? Di solito queste affermazioni sono seguite da frasi come “ora è davvero necessario fare qualcosa”, oppure “non si può fare più a meno di affrontare questo tema”. Il problema è che di grandi soluzioni pratiche e concrete non se ne sono ancora viste.

Allora provo a dire la mia e lo faccio mettendomi dalla parte del datore del lavoro, dei colleghi e in generale dei principali detrattori di pance e pancette. Sempre capire la controparte, perchè se no non si va lontano. Andare in maternità è un “problema” (e un costo, per l’azienda), non giriamoci intorno, perchè getta nell’ansia da organizzazione. I responsabili di un team vogliono gestire il minimo di casini e difficoltà, ne hanno già molte altre. Perdere, anche solo temporaneamente, una persona preparata e di esperienza preoccupa.

Allora noi per prime cerchiamo di essere trasparenti al massimo, comunichiamo per tempo ogni decisione e offriamoci proattivamente suggerendo soluzioni, cominciando per tempo a formare la persona che ci sostituirà, garantendo continuità nel lavoro e pochi scossoni. Ci vuole un po’ di pianificazione e disponibilità, ma ci guadagnano tutti, anche noi stesse, perchè un buon passaggio di consegna e collaborazione la si potrà pretendere anche al rientro. La correttezza deve essere da entrambe le parti: la si rivendica, la si deve garantire.

Tornare in ufficio con un bambino piccolo è un dramma, non possiamo negarlo. Possiamo però accettarlo? Normalizzarlo? Creare nelle aziende dei percorsi di supporto psicologico? Dei team di donne che ci sono già passate e offrono consigli e supporto a chi ci è dentro fino al collo? Perchè poi passa, ma il primo, per fortuna breve, periodo è duro, ne avevo parlato in modo più approfondito nel mio articolo sul rientrare al lavoro dopo la maternità. Basterebbe un pò di sana empatia.

Anche qui però dobbiamo metterci sempre anche nei panni di colleghi e capi (anche donne, sia chiaro) che, per quanto comprensivi, se vedono che siamo a casa un giorno sì e un giorno sì per malattie dei bambini e altre questioni relative ai figli, cominciano a vivere con disagio il tutto. Compensiamo uscite anticipate o imprevisti con un recupero fuori orario se necessario: dovrà interessare sempre meno quando viene fatta una cosa, purché venga fatta nei tempi.

Tocca anche ai papà scendere in campo: malattie, vaccini, assenze, scuole chiuse per Carnevale, rientrare a casa ad un’ora decente… Non sono solo problemi per le mamme: se ci si divide un pò di più (tenendo in considerazione il ruolo di entrambi), il tutto non pesa solo sulla carriera della donna.

Babysitter, nonni, aiuti… Come farne a meno se c’è in gioco il mantenere un posto di lavoro a lungo? Lo consigliano tutti: meglio tirare un pò la cinghia i primi anni pagando nido e babysitter ma evitare di lasciare il lavoro o passare al part time (se è solo per un tema economico). Il peggio del peggio per esperienza è nella fascia del nido. Già dalla materna si torna a respirare. Vale la pena barattare 20/25 anni di stipendio pieno e possibilità di successive crescite con un arresto temporaneo di 2/3 anni che sappiamo poi temporaneo non sarà?

Per me no. Ripeto, questo discorso vale per persone che hanno qualche ambizione sul lavoro e fanno scelte solo su base economica. Chi decide di prendere part time o lasciare il lavoro in modo consapevole per prendersi maggiore cura dei propri figli, senza rimpianti, non può certo essere biasimato. Ma questa non è la scelta di tutte.

Allora, altro consiglio, parliamo con i nostri capi. Raccontiamo esplicitamente che siamo organizzate e pronte a valutare nuovi incarichi e maggiori responsabilità. Facciamoci avanti (lean in!). Ci può stare un periodo di rallentamento sul lavoro, ma quando i bambini sono un pò cresciuti, le ore di sonno tornate normali, diamo il segnale che siamo motivate e coinvolte al massimo.

Cos’è il maternal bias e come combatterlo dal punto di vista delle aziende? Quelle che decidono di sostenere (all’interno di un più ampio progetto di diversity e inclusion) le donne e le madri hanno molti modi per farlo. Ecco alcune politiche di welfare di alcune aziende italiane, consiglio a tutti la lettura di questo libro:

nidi aziendali

bonus baby sitter

-sportelli psicologici sul lavoro

-ciclo di incontri per supportare le nuove famiglie con consigli utili

-programmi di affiancamento stagisti alle madri al rientro da maternità, in modo da avere un supporto operativo

smart working e soluzioni di orari flessibili

coaching e mentoring su come gestire il work-life balance

percorsi di carriera al femminile

Dipendenti che si sentono capite e supportate non possono che ricambiare con atteggiamenti leali e trasparenti a loro volta, creando un sistema virtuoso.

Aziende con un buon livello di diversità nelle squadre, a tutti i livelli, generano idee e output migliori, ne abbiamo già parlato. Qui uno studio del professor Castaldo dell’Università Bocconi che dimostra come investire in questa area sia un acceleratore per la crescita delle aziende. Madri che restano al lavoro genereranno valore economico a vantaggio del PIL del Paese e di una maggiore capacità di spesa delle famiglie. L’impatto sui bambini di madri lavoratrici l’abbiamo già visto: lavorare non deve essere fonte di sensi di colpa: è stato dimostrato che i figli crescono bene e anzi hanno numerosi altri vantaggi.

Insomma di chiacchiere se ne sono fatte tante. Ora è tempo di cambiare insieme, tra diritti e doveri reciproci. Uomini, ancora una volta, il grido rivolto a voi è di aiuto. Abbiamo bisogno di avervi alleati. Sediamoci, parliamo insieme di cosa e come migliorare.

Capiamoci reciprocamente e insieme troviamo soluzioni concrete, a casa e sul lavoro.

Serve davvero cambiare, insieme. Così vogliamo festeggiare la festa della mamma.

Ora che sappiamo cos’è il maternal bias e come combatterlo, non possiamo più restare indifferenti.

Condividete con tutte le mamme del vostro cuore, ma non solo!

Restiamo in contatto, ti aspetto sulla mia pagina Instagram!

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