
Di cosa e come parlare in ufficio: di solito gli argomenti li propongo secondo l’insindacabile criterio del “nessuno me lo ha chiesto”. In questo caso però la dritta, anzi la richiesta proprio, è partita da un mio collega. Mi ha fatto notare che è da un po’ che non scrivo articoli della sezione “manager” e che questo era un tema per lui di interesse. Chi sono io per non rispondere alla chiamata di qualcuno tra i miei lettori che non sia mamma o zia?
Ed eccomi qua a condividere alcune riflessioni. Non credo ci sia una guida ufficiale a riguardo, ma come sempre il buon senso premia. Inizio citando una frase di Eleonoor Roosvelt che ho particolarmente a cuore: “Grandi menti parlano di idee, menti mediocri parlano di fatti, menti piccole parlano di persone.”
Primo pensiero dunque, valido direi in generale nella vita, è di non lasciarsi andare in gossip e pettegolezzi da quattro soldi. Quando qualcuno vi parla male di un altro, il vostro primo pensiero non è chiedervi cosa dirà di voi appena ne avrà occasione? Io personalmente valuto molto negativamente le persone che giudicano e sparlano sempre delle altre. Ciò che Pippo dice di Pluto dice molto più su Pippo che su Pluto… Vietato davvero ormai utilizzare anche linguaggi politically “scorrect”. Battute misogene od omofobe, body shaming… no grazie! Lasciamole ai boomer.

Detto questo riguardo al parlare di persone, volendo saltare l’area “mente mediocre” che parla di fatti, per parlare di idee… il miglior metodo è leggere ed essere aggiornati sugli ultimi trend e su cosa succede nel mondo. In molti ruoli una buona dose di curiosità, l’abitudine alla lettura – non solo di romanzi ma anche di saggi e libri inerenti al proprio ambito professionale – regalano sempre qualche argomento interessante di cui parlare.
In mensa, alla pausa caffè, in ascensore. Non che si debba sempre dissertare di filosofia e massimi sistemi ma personalmente le persone di cui ho massima stima in ufficio (oltre che per motivi professionali) sono quelle capaci di regalarmi uno stimolo, un suggerimento di lettura, un film o una serie di attualità. Per non parlare dei podcast!

Se vuoi farti notare dal tuo manager o da altri in ottica di spostamenti futuri, commentare trend di mercato, risultati di vendita o iniziative dei competitor darà l’idea che sei sul pezzo e che mantieni un occhio su quanto succede anche fuori dal tuo giardinetto. Meglio ancora spaziare su mercati fuori da quello in cui si lavora, le contaminazioni tra settori hanno spesso portato innovazioni sorprendenti.
Ma quindi dobbiamo sempre parlare di cose serie e di lavoro? No, sono la prima che racconta anche un sacco di aneddoti o fa battute (discutibili a volte), ma personalmente so dosare anche temi più seri.
L’importante è non passare (esclusivamente) per cretini. Ci siamo capiti. Sconsigliato anche raccontare sempre e solo episodi o fatti personali privati. Sul lavoro qualche rapporto profondo può nascere ma di base… i nostri veri amici… cerchiamoli fuori dall’ufficio. Alcune persone potrebbero utilizzare certe nostre confidenze contro di noi, magari anche in buona fede, facendosi sfuggire qualcosa che per noi era davvero riservato. A volte neanche nostra madre riesce a mantenere un segreto, figuriamoci fuori casa!

Ultimo consiglio non richiesto da chi ha qualche luna sulle spalle… Criticare sempre il proprio ambiente di lavoro, i colleghi, i propri capi, essere sempre negativi e incattiviti contribuisce a creare un’atmosfera tossica.
Non è sempre tutto rose e fiori, mai vista la perfezione da nessuna parte. Metterci il carico da novanta con musi e atteggiamente sempre distruttivi non farà certo migliorare le cose. I rapporti sul lavoro sono reciproci: se stiamo male è nostro diritto ma anche dovere cercare di risolvere la situazione e in caso negativo… partire verso nuovi lidi. Solo gli alberi hanno radici.
Dunque abbiamo approfondito di cosa parlare in ufficio. Manca la seconda parte.
Passiamo al come parlare. Ci sono delle frasi che possono immediatamente minare la nostra credibilità e autorevolezza. Si impara con il tempo ad essere più sicuri di sè e delle proprie opinioni. E di conseguenza anche lo stile di comunicazione evolve naturalmente. Nel frattempo “fake it until you become it”, ne avevo parlato anche in questo articolo sulla sindrome dell’impostora. Interessante anche il libro di Michele Ferrarelli a riguardo.
Ecco qualche frase/ espressione che possiamo cercare di evitare.
“quasi-abbastanza”
“Ho quasi finito, la presentazione è quasi pronta…”
Aggettivi neutri che trasmettono un pò di insicurezza e incertezza. Sempre meglio indicare una stima o un momento preciso “il file arriverà domani entro le 17”.
“ci provo – spero – credo”
“Spero vi piaccia! Ci provo! Credo sia giusto!”
Anche qui a un certo punto dopo i tentativi serve qualche certezza in più, se no passa il concetto che non ci si stia assumendo la piena responsabilità : “Io ci provo ma se non va…”.
Meglio essere chiari e decisi: “sulla base delle informazioni in mio possesso rispetteremo la deadline”.
“potrei – vorrei – non potrei – non vorrei”
Quando ciondoliamo tra varie scelte e indecisioni la nostra credibilità cala a picco. “Vorrei fare un master per aggiornarmi” vs “Voglio fare un master per aggiornarmi”. Quale trasmette più volontà e decisione d’agire?
“fidati – ad essere onesti”
…e altri intercalari riempitivi che ottengono esattamente l’effetto opposto, la sincerità non si proclama. Anzi svilisce un pò dover dichiarare che in questo momento siamo onesti, perchè di solito?
“scusa”
Abusato specialmente da noi donne. Ci scusiamo anche per l’aria che respiriamo a volte. “scusate, ma stavo pensando…”, “scusate, potrei sbagliarmi ma…”. Offriamo il nostro parere con fiducia, non svalutiamoci.
Bandite poi tutte le espressioni colorite come “dico per dire”, “la butto là”, “la dico un po’ così”, “la dico male”. Perchè non puoi prenderti due secondi per dirla bene direttamente?
Infine qui un reel con un altro paio di consigli che avrei dato alla me junior, sul mio profilo Instagram
Ecco il mio svolgimento sul tema di cosa e come parlare in ufficio.
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