
Il privilegio di essere leader, oppure meglio parlare della responsabilità di essere leader?
La parola è abusata e di manuali di leadership ne esistono moltissimi. L’anno scorso però ho letto un libro molto interessante con un nuovo approccio più consapevole e volevo riepilogare qui alcuni degli aspetti più interessanti. Prima però ripassiamo un po’ di teoria e di modelli tradizionali per vedere in quali vi riconoscete o riconoscete i vostri capi. Scomodo Daniel Goleman che ha catalogato 6 stili differenti (le caratteristiche base del buon manager le avevamo invece viste in questo articolo).
1)STILE VISIONARIO

Questa tipologia di leader ha una visione chiara e la condivide con la propria squadra, trascinandola con entusiasmo. Si lavora insieme per costruire un “sogno”, in un’atmosfera di reciproca motivazione verso un obiettivo grandioso.
La personalità del leader, in questo caso, è di grande carisma e credibilità. Mi vengono in mente persone come Martin Luther King, Obama, Elon Musk.
2) STILE DEMOCRATICO

Questo tipo di leader è un pò “primus inter pares” se vogliamo, nel senso che gli è riconosciuto il ruolo di guida ma tutta la squadra è altamente impattata nel risultato, e si prendono decisioni condivise. Ogni singolo componente è valorizzato e capace di apportare un contributo di rilievo. Un leader democratico deve quindi circondarsi di persone ben preparate e con un gran livello di affiatamento. Mi viene in mente il Presidente di un’associazione o di un circolo, ad esempio.
3) STILE COACH

Questo, personalmente, il mio stile preferito. Il leader non dice cosa fare, ma dà gli stimoli o fa domande che portano ogni membro del team a trovare in sè le risorse e le soluzioni per svolgere il proprio lavoro al meglio. Consiglia e forma continuamente, proprio come un allenatore di qualche sport, non a caso la parola coach deriva da quell’ambito. E così riesce a fare emergere il meglio da ognuno.
4) STILE ESIGENTE

Per questo tipo di leader “nulla è mai abbastanza”. L’obiettivo è sempre quello di tirare fuori il meglio da ogni persona, spronandola a non accontentarsi mai, a non essere mai soddisfatta. Si può sempre alzare ancora un pò l’asticella. Probabilmente si ottiene davvero molto con questo stile, ma a discapito dell’autostima e con un senso di inadeguatezza costante delle risorse. Il clima alla lunga potrebbe risentirne. Questo approccio può essere maggiormente diffuso in ambito commerciale dove gli obiettivi sono numerici, ambiziosi e da raggiungere in breve tempo.
5) STILE ARMONIZZATORE/AFFILIATORE

Un leader che tende ad armonizzare ha a cuore prima di tutto la relazione con e fra i componenti di un gruppo. Prevenire o evitare un conflitto è l’obiettivo primario e in questi casi sono davvero necessarie grandi doti di empatia e di comunicazione. L’obiettivo è avere una squadra affiatata, il singolo passa in secondo piano. Questo secondo Goleman, potrebbe impoverire le performance individuali a favore di una maggiore motivazione generale.
6) STILE AUTORITARIO

Questa la classica leadership militaresca dove si comanda, più che guidare. Si dettano le regole, non si accettano repliche e si esige la massima adesione alle linee guida. Probabilmente perfetto per un momento di crisi (una guerra?), ma in condizioni di “business as usual” è davvero forse l’approccio meno gradevole e motivante per tutti.
Come abbiamo imparato durante un workshop aziendale un paio di anni fa, non è che uno stile sia fisso e per sempre. Ogni leader può anche assumere comportamenti o tratti di ciascuno di questi modelli a seconda del periodo, degli obiettivi e della squadra che si ritrova a guidare. L’importante è capire quando usare quale. Per questo il privilegio di essere leader in realtà è anche una grande responsabilità: si ha a che fare con persone, non soldati.
Ecco perchè mi è piaciuto molto il concetto di leadership consapevole di cui ho sentito parlare durante una serata di Lean In e che ho voluto approfondire con questo libro.

E’ una lista di 15 “commitment” da prendere in considerazione se si vuole lavorare in modo efficace garantendo delle condizioni sostenibili per i lavoratori e se stessi. Secondo gli autori infatti, i modelli tradizionali di leadership ad oggi spesso hanno fallito su 3 livelli: personale, organizzativo e planetario.
Molti CEO o grandi leader negli ultimi anni hanno fatto uso smodato di Xanax e psicofarmaci. Hanno dovuto sacrificare il loro benessere e le relazioni con la propria famiglia, spesso anche la salute. Divorzi, attacchi di cuore. Malattie terminali tenute nascoste fino all’ultimo per non danneggiare l’azienda. Il prezzo da pagare per il privilegio di essere leader a volte è davvero troppo alto.
La conseguenza dello stress di coloro che sono al vertice, si riperquote spesso anche nelle organizzazioni che guidano. Alto tasso di turnover, demotivazione dei dipendenti, conflitti fra team all’ordine del giorno.
La somma di tante società in cui c’è questa sensazione di costante competizione, scarsità di risorse, tempo e soldi, dove “mors tua, vita mea” ha portato ad un mondo altamente polarizzato tra vincitori e vinti, tra ricchi e poveri. Tutto questo non è più sostenibile ora, figuriamoci per le generazioni future.
Gli autori del libro, ma non solo, hanno quindi cominciato a teorizzare e mettere in pratica un movimento di leadership dove chi decide di aderire deve fare un gran lavoro su se stesso. Per poter passare dal “below the line”, dove risiede chi è chiuso, sempre sulla difensiva, convinto di avere costantemente ragione, all’ “above the line”, la linea della consapevolezza. Dove bisogna essere più aperti di vedute, curiosi, sempre pronti a rimettersi in gioco e continuare a imparare.
Ci sono 15 aree in cui intervenire per diventare un leader consapevole. Senza nominarle tutte, ecco quelle principali che mi hanno colpito di più:
1)PRENDERSI COSTANTEMENTE LA RESPONSABILITA’
Un leader consapevole sa che ha in mano la totale responsabilità della propria vita e del proprio benessere psico-fisico. Questo si riflette anche nel lavoro, nel non cercare sempre un evento esterno o qualcuno da incolpare nel caso di una sconfitta. Anche di fronte alle difficoltà, ha la capacità di imparare dalla situazione e “crescere”. Insomma ha un locus of control interno.
2)IMPARARE CON CURIOSITA’
Un leader consapevole sa di non sapere (mai abbastanza) ed è sempre in modalità ascolto. Di nuove conoscenze, punti di vista. Anche nei confronti di se stesso. Sa che può anche non avere ragione, non è un problema e se se ne rende conto è capace di cambiare idea.
3) PARLARE CON CANDORE
Un leader consapevole parla sempre con il cuore e con sincerità. E’ empatico e crea un ambiente in cui anche gli altri sono spronati a farlo, mettendoli così nelle condizioni di manifestare perplessità o idee differenti che contribuiscano al confronto. La capacità di vedere la realtà in modo chiaro è fondamentale per il successo di un’azienda. Spesso servono davvero molti punti di vista, anche quelli contrari al “main stream“. Fondamentale quindi anche la capacità di ascolto a tre livelli: il contenuto di quanto un altro sta dicendo, le emozioni in gioco e il desiderio sotteso dall’altra persona.
Questi dunque gli ambiti più importanti. Altre caratteristiche della leadership consapevole sono la capacità di eliminare il gossip in azienda, lavorare con la massima integrità etica e morale, generare spesso feedback positivi nei confronti degli altri. Con un atteggiamento di continua capacità di ricevere e dare apprezzamento.
Ma anche vivere una vita che sappia includere risate, gioco e riposo. Non si può prendersi cura di un’azienda e di una squadra se non stiamo bene per primi.
Altre aree su cui lavorare sono l’apertura mentale, per poter prendere in considerazione tesi e posizioni opposte alle nostre, con la consapevolezza che ognuno di noi ha dei filtri con cui interpreta la vita. Non sono sempre gli unici e i più corretti.
Insomma, non so voi, ma questo stile di leadership mi sembra davvero adeguato con i tempi, perchè mette al centro la persona (sia quella del leader che quella di ogni singolo componente), con l’obiettivo di dare sempre il meglio e ottenere i migliori risultati di business nel medio-lungo periodo. Senza rimetterci in salute.
Ho trovato questo libro davvero molto ricco di spunti ed è il consiglio non richiesto sul tema leadership, come avrete ormai capito. E’ in inglese ma molto accessibile. Ve lo raccomando. Ognuno di noi, senza necessariamente essere un capitano di impresa, può ritrovarsi in condizioni di guidare un gruppo nella propria vita (per lavoro ma anche nel tempo libero, per qualche associazione, a scuola..). Meglio davvero farlo in modo più… consapevole. Avete deciso se per voi essere leader è un privilegio?
Per approfondire, ecco il link al libro!
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