
- di Madonnager
Perchè guardare Emily in Paris, su Netflix, oltre che per Lucas Bravo: ecco un’altra recensione di cui nessuno sentiva il bisogno. Vi consiglio in ogni caso di non perdervi la prima (e al momento unica) stagione per i seguenti motivi.
- E’ ambientata, come suggerito dal titolo, a Parigi e già questo vale il biglietto. Che meraviglia. Ma la mia opinione è di parte: è la mia città preferita!
- La protagonista, Emily, lavora nel marketing (social media manager). Anche qui, personalmente mi sento un pò a casa, anche se lei è più una single-ger che una madonnager. Viene mandata da Chicago in Europa a lavorare in un’agenzia acquisita da quella in cui lavora lei. Piccolo particolare: non sa il francese. E @emilyinparis diventa l’account attraverso il quale racconta la sua nuova vita.
- La proverbiale avversità dei cugini d’Oltralpe verso chi non conosce la loro meravigliosa lingua è confermata. L’accoglienza della giovane Americana è a dir poco “di ghiaccio”. La trattano malissimo, ma lei trova il modo di emergere nonostante tutto. Una bella iniezione di determinazione e auto stima per tutte noi.
- Le girano intorno bonazzi di ogni ceto ed età, tra cui si distingue, con un certo fascino, lo chef Gabriel (l’attore Lucas Bravo, che merita davvero), suo nuovo vicino di casa.
- Ci sono personaggi irresistibili. I miei preferiti: la prima amica vera che trova (ovviamente al di fuori del contesto lavorativo), ossia una cinese di ottima famiglia scappata da un destino scelto per lei dal padre (si scoprirà poi che c’è dietro anche un altro motivo, ma non spoilero), per ritrovarsi a fare la nanny a due bambini, cui parla in mandarino. E poi lo stilista Pierre Cadault, una macchietta adorabile. La scena di lui sul letto, che sentendosi ormai sulla via del tramonto, rompe col cucchiaino un intero vassoio di ciotole di crème brûlée per consolarsi, paragonando la sua condizione alle “darkest hours” di Churchill, per me passa alla storia. Paga invece il confronto con l’inarrivabile Meryl Streep de il Diavolo veste Prada, la capa insopportabile della protagonista.
Perchè guardare Emily in Paris quindi? Lily, l’attrice che la interpreta, è la bellissima figlia di Phil Collins ed è un pò una novella Anne Hathaway (si respira anche il mood di Sex and the City, in versione Europea). Ma lei è molto più sicura di sè e meno disposta a farsi mettere i piedi in testa. Un monumento alla resilienza: mi spezzi ma non mi pieghi, anzi vado avanti e dimostro quanto valgo! Davvero di ispirazione anche quando commette degli errori ma non si perde d’animo e rigira la situazione a suo vantaggio (o a vantaggio dell’agenzia). Per quanto riguarda i suoi look, pur essendo sempre fashion, sono spesso prossimi al faux pas (passo falso) e le valgono l’appellativo di “ringarde” (dal gusto scadente) da parte del divino Pierre Cadault!
Di sicuro è una serie frivola, leggera ma ben fatta: mixa in modo intrigante il linguaggio televisivo con quello dei nuovi social media. E le atmosfere parigine, con i ponti, i musei, i café più celebri, fanno sognare: una meravigliosa opportunità per evadere dalla depressione autunnale e dalla minaccia di un prossimo lockdown. Ci sono tantissimi stereotipi sui francesi (e anche sugli americani), ma Parigi val bene un clichè. A dire il vero in un episodio Emily, per varie vicessitudini, finisce con il lavarsi i capelli nel bidet. Quindi almeno su quello non ci sono cascati. A voi è piaciuta? Se volete sognare ancora con lo stile delle parigine, qui l’articolo su come ci ispirano in ufficio.
Mi scusi il Conte di Monte Cristo per la breve digressione iniziale. Nell'attesa di ricevere il poster "leggi&scratcha" con la Read more
"Cecità" di Josè Saramago è il secondo libro che ho letto tra quelli proposti dal poster. Pensare che era negli Read more
"Alice nel Paese delle meraviglie" è sempre stato il mio cartone preferito della Disney. Che peccato non aver reso prima Read more
Double Wear Estée Lauder Il fondotinta dei sogni esiste. Almeno dei miei. Ci ho messo una vita a trovarti, caro Read more

Mamma, donna, manager, dispenso consigli che nessuno ha chiesto su come conciliare alla meno peggio la sindrome da multi-personalità. Restiamo in contatto!