
- di Madonnager
Quesiti amletici genitoriali: paghetta si, paghetta no? Come educare i figli all’uso del denaro su basi scientifiche.
Per rispondere su questo tema, che mi riguarda in prima persona, chiamo in causa Emanuela Rinaldi, Professoressa associata di Sociologia dei processi culturali all’Università Bicocca di Milano. E il suo libro “La paghetta perfetta” edito da “Il Sole 24 ore”. (#gifted)

Da anni si occupa di ricerche sulla cultura finanziaria degli italiani, in particolare dei bambini, dei giovani e delle donne. E’ infatti questo aspetto che più mi interessa. Sappiamo che il gender gap fonda le sue basi anche su un approccio ed un’educazione diversa al denaro tra maschi e femmine, fenomeno che avviene soprattutto in adolescenza.

I genitori rendono meno autonome in media le ragazze, la cultura veicolata dai mezzi di informazione e media in Italia è caratterizzata ancora oggi da diversi stereotipi di genere, che associano la figura maschile all’idea di guadagnare più soldi, invece che a quella femminile.
Anche le fonti consultate da maschi e femmine per la costruzione della loro idea di denaro sono diverse. Se le ragazze ne parlano di più con i genitori, i maschi leggono riviste economiche e parlano più di denaro con i coetanei.
Infine il sistema di welfare e di organizzazione del lavoro penalizza ancora fortemente le donne , specialmente quelle con figi piccoli. I percorsi di lavoro delle madri rappresentano il modello su cui formeranno le proprie ambizioni e aspirazioni le figlie.
La mia curiosità sul tema paghetta nasce quindi anche dalla volontà di avere un atteggiamento corretto con entrambi i miei figli (maschio e femmina).
Io sono figlia unica, mio padre, homo economicus, mi ha cresciuto con la paghetta. Più un sistema di incentivazione sui voti a scuola (una specie di MBO). Ho capito presto di essere un’eccezione nel mondo femminile. So di coetanee che non ricevevano la paghetta a differenza dei fratelli maschi. Non serve scomodare un passato molto lontano quindi. Ho già parlato di questi temi in un paio di articoli (sul valore dei desideri e sul rapporto delle donne con la finanza).
Il tema di oggi è più su come rendere davvero efficace la gestione della paghetta ai nostri bambini. L’età giusta? Dai 9-10 anni.
Or dunque gli studi in Italia non confermano che il solo gesto di darla aiuti a sviluppare competenze finanziarie. Sveliamo subito l’assassino.
In realtà leggendo il libro della Professoressa Rinaldi sulle competenze finanziarie, agiscono più le competenze di lettura, matematiche e l’aver fatto dei lavoretti da ragazzi. Vale anche retribuire i servizi extra che si fanno in casa, che secondo alcuni studi non compromette le relazioni in famiglia ma anzi aumenta il livello di competenza autopercepita e di autoefficacia.
Insomma non basta assicurare un’entrata fissa, la differenza la fa l’insegnare a gestirla. E’ più il processo di gestione della paghetta come un budget che sviluppa la vera autonomia, meglio ancora se ce la si è guadagnata in modo indipendente. Controllare entrate e uscite in modo periodico e costante è uno dei pilastri del benessere finanziario. Parliamo anche di come torni utile anche nel lavoro un domani aver avuto fin da piccoli la capacità di gestire le proprie risorse senza sforare (budget croce e delizia di ogni marketing professional: ogni riferimento personale è puramente casuale).
La terza variabile è l’interesse verso la finanza di base ossia parlare di denaro ed economia in famiglia.

I bambini sono interessati all’argomento, considerarlo un tabù insomma non è un atteggiamento che ripaga, anche perchè il rischio è che se ne formino un’opinione distrorta e da fonti non sempre accurate e attendibili.
Quello che ho amato della lettura è che prende anche una piega filosofica, cercando di rispondere all’annosa questione se i soldi facciano la felicità. Anche questo è un argomento che si può intavolare con i nostri bambini. Esiste certamente il capitale economico (l’insieme dei mezzi, delle risorse e del patrimonio immobiliare a cui un bambino ha accesso fin dall’infanzia grazie alla famiglia). Ma esiste anche il capitale culturale. L’insieme delle conoscenze, delle norme, dei valori che si assorbono in casa e a scuola.
Infine il capitale sociale, che in sociologia è la somma delle risorse reali o virtuali che derivano dall’essere parte di reti e relazioni durature. Ecco non è quindi solo il capitale economico a renderci delle persone più felici, quando si dice “chi trova un amico, trova un tesoro” si sta di base chiarendo il valore che hanno gli affetti e le relazioni nel benessere generale di noi essere umani.
Insegnare ai nostri figli a non confrontarsi troppo con gli altri e a gioire delle proprie conquiste presenti con un approccio consapevole è un grande regalo che possiamo fare loro.
Quesiti amletici genitoriali: paghetta si, paghetta no?
Una domanda che quindi leggendo il libro ci fa fare un excursus su diverse tematiche della vita (il ripasso su alcune priorità fa bene anche a noi adulti).
E’ il mio consiglio (sempre non richiesto) di oggi.
E tu dai la paghetta dai tuoi figli? Gli stai insegnando a gestirla come un budget?
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