
- di Madonnager
Recensione de “Il Maialino di Natale” dell’ineguagliabile J.K. Rowling. Eccomi qua, come non parlare di questo nuovo libro sulla bocca di tutti (gli under 10)? Ne ho letto ad ottobre su un articolo di Vanity Fair subito dopo l’uscita in contemporanea mondiale, dopo la fortunata saga di Harry Potter.
Trattandosi di una storia di Natale da 320 pagine, ho deciso di prenderlo ed iniziare a leggerlo con un pò di anticipo. Immaginavo di impiegarci un pò e di arrivare giusta giusta per la vigilia. In realtà siamo andati talmente spediti che lo abbiamo finito ben prima.
Per qualche settimana ci ha accompagnato come lettura serale e anche se è raccomandato per bambini sopra agli otto anni, ho coinvolto anche la mia cinquenne. Il suo destino è di spararsi film e libri spesso in società con il maggiore.
O ne uscirà un genio, o non capirà mai un tubo. Ho puntato con un pò di ottimismo sulla prima opzione, concedendole di distrarsi un pò di più e cercando di ripetere la trama di tanto in tanto, per essere sicura che restasse a bordo anche lei. Era molto impaziente di andare avanti, come il suo fratellone.
La storia ha tutti gli ingredienti per piacere: il protagonista, Jack, è un bambino delle elementari i cui genitori hanno deciso di separarsi. Questo grande cambiamento, unito anche al trasferimento in una nuova scuola, lo getta come prevedibile nello sconforto. Anche se non lo dà molto a vedere, l’unico suo compagno di confidenze lo sa. L’unico che lo conosce davvero e lo ascolta nel calore delle coperte: è Lino il maialino. Il suo pupazzo di sempre, amico di mille avventure.
E’ talmente consunto e scalcagnato da essere quasi imbarazzante portarselo ancora dietro, ma per Jack è un punto fisso, il solo in questo momento di incertezze. Quindi quando lo perde…. il mondo gli crolla sotto ai piedi. E nulla vale il tentativo di risolvere la situazione ricomprandogli una nuova versione dello stesso pupazzo. Perchè di Lino ce n’è uno solo. Il nuovo arrivato gli propone di accompagnarlo nella Terra dei Perduti, dove finiscono gli oggetti smarriti. E’ l’unica notte all’anno in cui può succedere, la notte di Natale, in cui tutte le cose possono prendere vita, anche i giocattoli.

Con l’aiuto di alcuni oggetti strampalati, un portapranzo che parla, una bussola a cui non manca il coraggio ed un essere ali-munito che si chiama “Speranza”, il gruppo cerca allora di salvare il povero Lino dalle sgrinfie del perfido mostro Perdente, Re della landa degli oggetti perduti, appunto. E per farlo tocca loro passare da tre città diverse, “Usa e Getta”, “Dove Sarà Mai” e la “Città dei Rimpianti” (descritta come Venezia, già mi immagino la trasposizione in film o cartone). In ognuna di queste città “vivono” oggetti diversi a seconda del valore che hanno, dell’attaccamento dei loro padroni e delle probabilità che possano tornare nel mondo reale perchè “ritrovati”.

Quale dunque la mia recensione de “Il Maialino di Natale” dell’ineguagliabile J.K. Rowling?
Nonostante qualche rimando a Toys e ad Alice nel Paese delle meraviglie nella trama (giocattoli e pupazzi animati, confusione tra sogno e realtà, non proprio una novità), la Rowling riesce con garbo a raccontare quanto ci si possa affezionare anche alle cose, oltre alle persone. E quanto i cambiamenti spaventino i bambini, anche quando non ce ne accorgiamo.
La landa dove finisce Jack è sì il luogo dove spariscono le versioni “vivificate” di portachiavi, accendini, giochi abbandonati. Ma man mano che si procede nell’avventura si scopre che si possono perdere anche la memoria, la pazienza, l’ambizione, il potere… La felicità. La lettura passa quindi spesso ad un livello superiore, in cui non mancano insegnamenti etici, fino ad arrivare al parallelismo tra la perdita degli oggetti e quella delle persone. E al modo in cui impariamo ad accettarla e superarla.
Un bel modo per affrontare temi profondi con i nostri bambini, un pò come era successo dopo la visione di Soul della Disney, per la recensione di qua, prego.
Ovviamente ai miei figli è piaciuto moltissimo. Degno di nota il pezzo in cui la famiglia di Jack perde anche “l’Angelo della cartaigienica”, il classico lavoretto di Natale che non manca in nessuna casa. Risate a non finire. Commovente soprattutto vederli partecipare con pathos per la sorte degli oggetti e dei giocattoli degli altri bambini.
Infine molto belle le illustrazioni di Jim Field, peccato siano in bianco e nero.
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