
La mia recensione di “The social dilemma”, il documentario su Netflix, in tre parole? Mi ha turbato. Tante delle cose dette mi erano già abbondantemente note, ma mai alcuni temi erano stati affrontati così in profondità e da persone competenti e vicine all’ambiente.
Il film-documentario è infatti un’intervista a tante ex figure di livello apicale di Facebook, YouTube, Instagram, Twitter…insomma i principali social network che tutti usiamo.
Già il fatto che siano ex un po’ mi fa arrabbiare: come se quando fossero stati operativi certi dubbi etici non gli fossero noti… ovviamente è più difficile fare outing quando ci sei dentro fino al collo.
Anche se il protagonista dice di aver portato fino ai massimi vertici di Google (da dipendente) la questione etica. Ossia, è giusto di fatto manipolare e plagiare le persone suggerendo sempre e solo contenuti che l’algoritmo calcola possano piacere loro di più? Il tutto per avere una più alta probabilità di essere efficaci con le pubblicità? Perché questo porta alla famosa polarizzazione di cui siamo tutti coscienti, ognuno continua ad essere bombardato quasi esclusivamente di contenuti in linea con i propri gusti e idee.

Non c’è contradditorio e si rischia di formare società completamente posizionate agli estremi tra tesi e antitesi. E questo è un problema etico non da trascurare.
Inoltre le fake news, generando in media più curiosità di quelle vere (“the truth is boring!”) ricevono più like e commenti circolando con maggior velocità in rete. Risultato: non si sa più cosa è vero e chiunque crede a qualsiasi cosa. Abbiamo visto la pericolosità di questo durante la prima fase della pandemia.
Il rischio è alto anche e soprattutto per la salute psicologica. Già si sapeva. Le notifiche, i pulsanti, i video suggeriti… tutto è fatto per portarti a stare sempre più connesso, il che crea dipendenza.
Alzi la mano chi non si sente spesso succube dello smartphone. Io lo confesso. Tra lavoro e diletto ho il cellulare quasi sempre in mano (spesso anche due!). Ma non sono certamente la sola.
Il mio personale social dilemma (il dilemmager) è che sono parte del settore: come brand manager, che rappresenta un’azienda e una marca, mi fa comodo sapere di poter aver una profilazione così puntuale e poter fare pubblicità mirate a chi potrebbe essere interessato ai miei prodotti. Ma sono a mia volta donna consumatrice (quante cose scopro e compro grazie alle sponsorizzate di Facebook e Instagram? Troppe! Troppeeee!). Anche voi, lo so. Almeno ci evitiamo le pubblicità delle colle per dentiere, di assorbenti per l’andropausa e nel mio caso ho smesso di ricevere consigli per rafforzare il pavimento pelvico come quando ero in gravidanza, non so voi… Io non sono così scontenta in realtà rispetto alla pubblicità in TV (che per altro ormai non guardo praticamente più). E’ impossibile credere che si farà un passo indietro.
L’aspetto che mi preoccupa di più è come da mamma dovrò riuscire a gestire l’uso della tecnologia con i miei figli. Paurosi i trend di depressione e suicidi tra i teen e pre teen da quando i social media sono stati resi disponibili sul cellulare.
Il confronto con benchmark irraggiungibili (sia VIP che amici della porta accanto più belli e popular) sulle menti dei più fragili hanno un ruolo devastante. Così come l’effetto bullismo viene amplificato su scala potenzialmente…mondiale! Abbiamo e avremo anche noi un dovere morale nel controllarli e aiutarli, assieme alle scuole, a conoscere e capire certe dinamiche.

Penso però che non veniamo da periodi migliori. 30 anni, almeno in Italia, di Berlusconismo puro dove programmi, film e intrattenimento in generale sono sempre stati completamente servi dell’Auditel e del gradimento del pubblico. Non è forse la stessa cosa? Ai nostri tempi, da adolescenti, noi il benchmark lo avevamo con le copertine di Cioè, Vogue, Cosmopolitan. Tutte ci ricordiamo di “Non è la Rai” e altri programmi poco edificanti ma che avevano il potere di attrarre. L’obiettivo non era forse vendere più pubblicità? “Quando non paghi per il prodotto, il prodotto sei tu”. Questo continua a ripetere il docu-film.
E allora basta ricordarsene spesso. Quindi io, tranne che per la parte di fake news e impatto sui giovani, francamente non credo che siamo poi così peggiorati. La domanda è: come regolamentare questi aspetti? Perché forse si deve passare da qui. Il punto che non mi convince di questo film è proprio questo. Lascia con l’amaro in bocca perché non propone soluzioni concrete. Lancia la pietra e nasconde la mano. Inizia la conversazione ma non la modera e non la chiude.
O forse nel frattempo sarà arrivata sui tavoli giusti, non lo so. Solo sul finale qualcuno abbozza qualche soluzione meno drastica dello “spegnete tutto, uscite da tutti i social network”.
Fa ridere anche che molti stiano aprendo questo dibattito proprio sui social, no? Io lo sto facendo ad esempio. Chissà se l’algoritmo promuoverà questa recensione di the social dilemma… E voi?
Non penso si possa tornare indietro, ma darci delle regole si. Siamo stati abituati a pensare al pericolo dell’Intelligenza Artificiale con la faccia di Terminator e robot umanoidi (e infatti il film lo fa questo paragone) quando il pericolo è più invisibile e insidioso e già molto attuale. Gli algoritmi infatti… non sono così controllabili. Come si fa a capire cosa è vero e cosa è fake? Non ci riusciamo noi, come può farlo una macchina?
Ma gli algoritmi e l’intelligenza artificiale hanno anche incredibili risvolti positivi, pensiamo alla domotica! E miglioreranno le vite di tantissime persone.
So che questo film è stato molto criticato e definito inesatto in diversi punti. Non importa, ha il merito almeno di strapparci un pensiero. Più che averne paura e scappare, l’atteggiamento giusto forse è quello, ancora più consci di questi meccanismi, di apportare qualche modifica nei nostri comportamenti.
Ecco i provvedimenti che ho personalmente preso:
–ho tolto molte notifiche (l’ING me lo diceva da tempo), in modo da non essere continuamente interrotta nel mio flusso di attività.
–ho comprato una sveglia old style, per non portare a letto il cellulare controllandolo come prima e ultima cosa della giornata. Se vi piace la mia ecco il link!

-tornata a casa dall’ufficio lascerò più spesso il cellulare nella borsa o in carica fino a quando i miei bambini non sono a letto
-farò sempre in modo che i feed di Facebook non siano mai la mia unica fonte di notizie dal mondo
–seguirò anche persone che non la pensano come me in modo da incentivare sempre il pensiero critico
–affronterò con l’ING da subito il tema con i miei figli, sottolineando il rischio di un consumo incontrollato
–imporrò loro limiti quotidiani di utilizzo (già è così, hanno entrambi accesso al tablet per massimo mezz’ora al giorno, con timer che spegne in automatico il device)
-quando saranno più grandi stresserò all’infinito l’importanza di farsi sempre delle domande e di verificare le fonti

Come sempre la ricetta è… un approccio equilibrato. Ma credo che a livello mondiale si debbano davvero prendere delle decisioni e si debba regolamentare maggiormente il consumo tra i minori, almeno. Così come fatto con sigarette, alcool e gioco d’azzardo.
E voi l’avete visto “The social dilemma”? Cosa ne pensate?
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